Il “Galilee Research Institute” israeliano sta conducendo uno studio che potrebbe essere la nostra salvezza, o perlomeno portare ad un vaccino contro il coronavirus in poche settimane. I ricercatori hanno preso come base per il loro lavoro un prototipo già sviluppato per affrontare un altro coronavirus, che provoca una particolare infezione veterinaria chiamata “bronchite infettiva dei polli”.
Confrontando le sue caratteristiche genetiche con quelle del Sars2-CoV2019 che ci sta mettendo a dura prova hanno rilevato una similitudine decisamente spiccata; e proprio da qui nasce la speranza di giungere in poco tempo alla realizzazione di un candidato vaccino.
Purtroppo i tempi per avere disponibile questa o un’altra immunizzazione (ce ne sono più di 30 in studio nel mondo) non saranno comunque brevissimi; i pareri più ottimisti parlano di almeno un anno.
Quello di Israele, come detto, non è l’unico vaccino in studio. Negli Usa, ad esempio, nelle prossime settimane, verrà messa in atto una sperimentazione per valutare la sicurezza del candidato vaccino realizzato dalla piccola azienda “La Moderna” e sostenuto dal direttore del “National Institute of Allergy and Infectious Diseases” Anthony Fauci.
Ciò che interessa è arrivare a stimolare una risposta immunitaria efficace nei confronti degli antigeni del virus, che lo rendono riconoscibile e quindi immediatamente attaccabile da parte degli anticorpi prodotti dal’organismo. Di fatto siamo tutti spettatori di una vera e propria corsa contro il tempo.
La “Coalition for Epidemic Preparedness Innovations” – che sostiene molti degli sforzi economici in corso per la ricerca – ipotizza che il virus possa “concludere” naturalmente il suo percorso, rendendo quindi inutile la scoperta del vaccino. Ma, ad oggi, questo è un futuro non ipotizzabile, e nel frattempo la ricerca ha il dovere di andare avanti, per sperare di proteggere dal “nemico invisibile” il maggior numero possibile di persone.
A cura di Federico Mereta, giornalista scientifico