Dal 1° gennaio, nell’ambito della Manovra Economica 2020, anche il Governo Italiano ha recepito l’esigenza di regolamentare la tassazione per le multinazionali del web come Google, Facebook e Amazon, i giganti dell’internet economy da miliardi di click che, fino a pochi mesi fa, realizzavano cifre da capogiro, potendo aggirare comodamente le disposizioni finanziarie di tutti i Paesi in cui sono fruibili i propri servizi on line.
La proposta di legge denominata “Digital Tax” consiste in un’aliquota del 3% da applicarsi sul totale del ricavato imponibile maturato in un anno solare, e non su quello realizzato per ogni trimestre.
Per quanto riguarda l’Italia, questa tassa è applicabile ai soggetti che, singolarmente o in gruppo, hanno realizzato ricavi totali non inferiori a 750 milioni di euro e utili derivanti da servizi digitali implementati sul territorio nazionale non inferiori a 5,5 milioni di Euro.
Secondo le disposizioni previste, l’imposta dovrà essere versata entro il 16 febbraio dell’anno solare successivo a quello di riferimento, mentre la dichiarazione annuale dovrà essere presentata entro il 31 marzo dello stesso anno. Per le società in cordata, bisognerà individuare un singolo soggetto fiscale, che prenderà in carico gli oneri relativi alla Digital Tax per conto di tutti gli altri.
Per quanto riguarda la Web Tax, sulla quale l’OCSE non ha ancora trovato una linea univoca, a causa dell’opposizione di alcuni paesi membri, Italia, Gran Bretagna, Francia ed altri Stati hanno optato per una soluzione valida sui rispettivi territori nazionali. Tra i fornitori diretti di beni e servizi digitali, ne usciranno indenni banche, siti aziendali e società finanziarie già soggette ad accise, così come operatori telefonici, tv e giornali.
Quando entrerà in vigore una disciplina univoca derivante da accordi internazionali sulla tassazione dell’economia digitale, verranno abrogate automaticamente tutte le Web Tax locali.