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EMOZIONI 27 GENNAIO 2021

Giorno della memoria, il virus K salvò centinaia di ebrei

Nella giornata della memoria, viene ricordata una storia che ha dell’incredibile: quella del virus K che salvò centinaia di ebrei dall’olocausto. A raccontarla è stato un documentario il documentario “Sindrome K – Il virus che salvò gli ebrei”, visto su Nove il 24 gennaio.

Giorno della memoria: la storia del virus K

Il protagonista di questa storia è il dottor Giovanni Borromeo, dirigente dell’Ospedale Fatebenefratelli a Milano. La città ormai era in mano ai nazisti dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, ma il dottor Borromeo permise al medico ebreo Vittorio Sacerdoti, di lavorare nell’ospedale sotto falso nome. Giovanni Borromeo, col collega Adriano Ossicini erano fortemente antifascisti e in segreto facevano parte della resistenza, comunicando via radio con i partigiani laziali e l’ex generale Roberto Lordi. Poi, il 16 ottobre 1943 i nazisti rastrellarono il ghetto ebraico. Molti abitanti cercarono rifugio nel nosocomio. Fu a quel punto che, per salvarli dalle gestapo, Borromeo si inventò il “morbo di K”, una malattia letale e altamente contagiosa che tenne lontani i soldati.

Il virus K che salvò centinaia di ebrei: la storia

A raccontare la storia del virus K è Gabriele Sonnino, che oggi ha 82 anni, ma all’epoca dei fatti era ancora un bambino. “I tedeschi avevano l’indirizzo di casa di tutti gli ebrei”, ha spiegato Sonnino nel documentario. “Con la mia famiglia ci rifugiammo anche noi tra i veri malati. Fu allora che Borromeo si inventò questo ‘morbo di K’, il cui nome si ispirava ad Albert Kesselring, comandante dei nazisti in Italia, ed Herbert Kappler, capo della Gestapo”. I due medici del Fatebenefratelli si impegnarono a creare delle cartelle cliniche false, riuscendo così a nascondere nel nosocomio diverse centinaia di ebrei e polacchi.

“Ricordo che mio padre diceva a tutti noi: mi raccomando, se arrivano i tedeschi, tossite”, ha raccontato Sonnino. Arrivò poi la notizia di un controllo delle SS nella struttura. Tutti i finti pazienti vennero chiusi in una stanza, e quando i nazisti arrivarono, con un medico della Wehrmacht, Borromeo li fece passare davanti alla stanza del “morbo K”. Spiegò al tedesco che i pazienti erano affetti da una malattia neurodegenerativa che causava vomito e mal di testa, contagiosa e letale. E il medico tedesco fece solo un rapido giro di controllo, tra gli ebrei che tossivano a più non posso. Una volta salvati dai controlli, i finti malati vennero “rilasciati” con dei documenti falsi e nascosti in luoghi sicuri.

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