Durante la peste europea del XVII secolo si pensava che indossare una maschera a forma di becco d’uccello fosse sufficiente per purificare l’aria contaminata dalla malattia. Ecco tutta la verità sul sinistro camuffamento.
Una maschera animalesca
Nel corso della storica pestilenza, nel tentativo di respingere la malattia, i medici erano soliti indossare maschere a becco d’uccello, guanti in pelle di capra e lunghi cappotti ricoperti di cera profumata.
Un profumatore anti-peste
Il costume originale viene attribuito a Charles de Lorme, dottore che riuscì a curare diversi Reali d’Europa, incluso re Luigi XIII. La maschera era decisamente insolita: il naso a becco era lungo all’incirca 20 cm e veniva riempito di profumo, per poter assicurare durante la respirazione oltre all’ossigeno anche l’effluvio delle erbe contenute. Allora si credeva erroneamente che profumi pungenti e dolciastri avessero il potere di proteggere chi li respirava e di disinfestare dalla peste; ecco perché chi indossava la maschera la riempiva con la teriaca, composto di oltre 50 erbe e componenti come cannella, canfora, lavanda e mirra.
Dai lazzaretti ai videogames
Il look dei “medici della peste” divenne nel tempo un vero e proprio simbolo della commedia dell’arte del nostro Paese, tanto da essere presente ancora oggi nella celebrazione del Carnevale.
Ma non solo: negli ultimi anni la maschera è entrata nella cultura “pop” anche grazie a videogiochi di successo come “Assasin’s Creed” e a diversi film e serial tv, come lo spagnolo “El Internado: Las Cumbres”; la trama è affascinante: In una scuola d’élite situata in una foresta isolata, gli studenti devono fare i conti con la disciplina ferrea imposta dal collegio e con le antiche e inquietanti leggende locali.