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BUONO A SAPERSI 06 MARZO 2024

Nella firma si mette prima il nome o il cognome?

Sebbene non esista un obbligo di legge che imponga di firmare scrivendo prima il nome e poi il cognome, è consuetudine siglare i più svariati documenti con questa modalità. La forma che prevede il nome prima del cognome è quella più apprezzata anche dal cosiddetto “galateo linguistico”.

Questo avviene in virtù del fatto che nell’articolo 6 del Codice Civile, dove si parla del “diritto al nome”, viene menzionato prima il nome proprio (o prenome), e poi il cognome. Chi li inverte nella propria firma, non commette comunque alcun errore.

Quando nome e cognome possono essere confusi tra loro (un esempio potrebbe essere quello di una persona che si chiama Marco Romolo), a fugare ogni dubbio sarà il codice fiscale, uno dei rari casi in cui le lettere estratte dal cognome vengono prima di quelle del nome.

Cosa sono nome e cognome

L’identità di ogni cittadino italiano si definisce con l’apposizione di un prenome, detto anche “nome proprio” o “nome di battesimo”, indipendentemente dall’aver ricevuto o meno questo sacramento, il quale designa e distingue una persona all’interno del proprio ambito familiare. Il cognome, invece, identifica l’appartenenza del soggetto ad uno specifico gruppo familiare e viene acquisito per nascita, riconoscimento o adozione.

Le ragioni storico-culturali

Questa consuetudine risale ad una tradizione squisitamente italiana, secondo la quale il cognome è nato nell’antichità come semplice aggiunta del nome proprio, per identificare l’appartenenza ad una determinata casata, l’esercizio di una particolare professione, uno specifico luogo di provenienza, oppure addirittura una caratteristica fisica.

La storia è piena di esempi illustri in questo senso: Dante veniva chiamato Alighieri in quanto figlio di Alighiero, mentre Leonardo proveniva dalla località di Vinci, cosa che è rimasta indelebilmente associata alla sua figura storica.

Per capire quanto il prenome possa essere più significativo del cognome, basta pensare a diversi imperatori romani, passati alla storia semplicemente con il loro nome, piuttosto che con la “gens” o la dinastia dalla quale discendevano, come Cesare, Caligola, Nerone, Traiano, Adriano, Costantino e così via.

Anteporre il cognome al nome è prerogativa degli elenchi alfabetici e degli schedari, tipici della scuola, dell’esercito e, più in generale, della burocrazia, che considera questa prassi più efficace per distinguere gli individui all’interno di gruppi numerosi di persone.

Quando una firma è ritenuta regolare

Per una firma valida agli effetti di legge, l’unica regola ferrea da seguire è quella di riportare esattamente le generalità con le quali si è stati registrati all’anagrafe, compreso il secondo nome, se è stato preso in considerazione al momento della generazione del codice fiscale. Viene richiesto, inoltre, che la firma sia leggibile, indipendentemente dall’ordine “di comparizione” di nome e cognome, perché l’identità del firmatario deve poter essere riconosciuta anche tramite la sua grafia.

In caso di atti privati, invece, è possibile firmare anche con una semplice sigla o uno scarabocchio, a patto che si tratti sempre dello stesso segno di riconoscimento utilizzato dal firmatario, cosa che lo rende inequivocabilmente riconoscibile alla stessa stregua di un logo.

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