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CURIOSITÀ 28 MARZO 2023

Parmigiano e carbonara: scoppia la bufera. Ecco perché

Poche cose fanno arrabbiare di più gli italiani come gli “attacchi” ai piatti tipici della tradizione, soprattutto se arrivano da oltreoceano. Questa volta non è stata la panna nella carbonara o il parmisan americano al posto del pecorino romano a far arrabbiare gli appassionati di cucina. Ma un articolo pubblicato dal Financial Times che ha provato a distruggere i miti sul cibo nostrano.

Chi ha detto che i cibi italiani non sono tradizionali

Il pomo della discordia è stato lanciato sulle pagine del prestigioso magazine da Alberto Grandi, docente di Storia delle imprese e di Storia dell’alimentazione con una brillante carriera dedicata al debunking delle fake news sui piatti tipici italiani.

Già nel 2018, con il suo libro “Denomazione di origine inventata”, e nel 2021, con il podcast omonimo, l’esperto ha attirato a sé molte critiche nel Belpaese.

La sua missione: distruggere le tradizioni culinarie entrate nell’immaginario comune e considerate dogmi, ma che in realtà sono arrivate a noi solo pochi decenni fa. E a volte anche meno. Il Financial Times lo ha intervistato a Parma, e le sue affermazioni hanno fatto in breve il giro del mondo. Facendo infuriare chef e food blogger.

Le vere origini di carbonara, parmigiano e tiramisù

L’accademico ha raccontato che il panettone, prima del XX secolo, non aveva collegamenti col Natale ed era un dolce per poveri, piatto e molto diverso da quello che conosciamo oggi, reinventato da Angelo Motta negli anni ’20.

Solo negli anni ’70 anche altri forni ne hanno copiato la caratteristica forma. Il prodotto industriale si è fatto così artigianale, e non esiste più Natale senza il suo tipico profumo.

Anche il tiramisù è più giovane di quello che sembra, considerando che il mascarpone era raro, se non inesistente, nelle case milanesi fino agli anni ’60. Sarebbe entrato nei libri di cucina solo negli anni ’80.

Il parmigiano, tra i migliori formaggi italiani al mondo, nonostante la sua storia millenaria, prima degli anni ’60 aveva un altro aspetto. Le forme pesavano solo 10 chili e avevano una spessa crosta nera. Era più grasso e morbido di quello che conosciamo oggi. Proprio come il parmesan del Wisconsin, che sarebbe dunque il più tipico parmigiano oggi sopravvissuto nel mondo.

Addirittura la pizza che conosciamo e amiamo oggi, simbolo dell’italianità del mondo, sarebbe diventata un cibo della tradizione solo dopo l’arrivo degli americani durante la Seconda Guerra Mondiale. La prima pizzeria moderna sarebbe stata infatti aperta a New York negli anni ’10.

Nel 1944 la (oggi considerata) romanissima carbonara (sai il motivo per cui si chiama così)? – sarebbe stata preparata per la prima volta a Riccione, da un cuoco italiano per l’esercito americano. Per omaggiare i suoi ospiti, Renato Gualandi decise di abbinare a del “favoloso bacon” della panna di qualità italiana. Sono dagli anni ’90 il guanciale avrebbe sostituito il fratello d’oltreoceano.

Perché gli italiani hanno inventato tradizioni culinarie

Ma perché gli italiani, secondo Alberto Grandi, hanno inventato così tante tradizioni in cucina? Si è trattato di un processo storico e culturale nato per distanziarsi da un passato povero. Durante il boom economico a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, dopo oltre un decennio di povertà estrema e privazioni, l’Italia ha riscoperto il piacere del cibo e lo ha reso il suo tratto caratteristico.

La Penisola è diventata così la patria del cibo più buono del mondo, che non ha però origini lontane. E spesso è entrato nella nostra dieta solo da due generazioni. A consolidare poi i falsi miti sulla nostra tradizione culinaria sono stati gli italiani all’estero, con nuove comunità nate proprio attorno a tavole imbandite.

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