Perché bisogna bollire la pasta per farla cuocere? Una certezza culinaria granitica vuole che per cuocere la pasta occorra farla bollire. Ma in realtà non è necessario. Ecco perché! A dispetto delle credenze, non servirebbe bollire la pasta per cucinarla. A prova di ciò, il chimico, divulgatore scientifico e saggista Dario Bressanini cita in suo blog Benjamin Thompson, più conosciuto come Conte Rumford, annoverato fra i fondatori della termodinamica. Il fisico ed ingegnere britannico ha analizzato scientificamente i processi di cottura, stupendosi di come fossero poco compresi anche dai cuochi che li avevano sotto gli occhi tutti i giorni. In realtà sarebbe merito del calore se i cibi cuociono, e non dell’ebollizione dell’acqua. Bressanini spiega inoltre che la cottura della pasta è governata da tre fattori: la velocità di penetrazione dell’acqua all’interno dell’impasto, la gelatinizzazione dell’amido e la denaturazione e conseguente coagulazione del glutine. Questi fenomeni dipendono esclusivamente dalla temperatura. L’acqua, infatti, penetra nella pasta anche a basse temperature, persino in acqua fredda. La gelatinizzazione dell’amido – fenomeno in cui i granuli di amido assorbono acqua e formano un gel – avviene, nel caso del frumento, tra i 60 °C e i 70 °C. Il glutine denatura e coagula invece tra i 70 °C e gli 80 °C. Da notare che queste temperature sono tutte al di sotto di quelle di ebollizione comuni nelle nostre cucine. Ciò significa che è possibile cuocere la pasta anche tenendo l’acqua a 80 °C, mettendoci ovviamente più tempo.