Perché in italiano usiamo due accenti diversi? La nostra lingua prevede l’utilizzo dell’accento grave e di quello acuto. Ma perché sono fondamentali entrambi? L’accento grave è un tipo di accento grafico, ovvero un segno diacritico che, in forma di barretta obliqua orientata in alto verso sinistra, si pone sulle vocali per segnalarne la messa in evidenza fonica. Secondo la norma più diffusa, l’accento grave si pone sulle vocali la cui pronuncia non si distingue in aperta o chiusa (cioè a, i, u) e sulle varianti aperte della “e” e della “o”, mentre l’accento acuto si pone sulle varianti chiuse delle vocali toniche “e” e “o”. In alcuni casi, la differenza di apertura, segnalata nello scritto dall’accento acuto, serve a distinguere parole omografe come bótte, contenitore, e bòtte cioè percosse, oppure chiése, voce del verbo chiedere, e chièse, plurale di chiesa. Anche sulle vocali finali delle parole tronche, dove l’accento grafico in italiano è obbligatorio, si può trovare l’accento grave o l’accento acuto. Quello grave si colloca su “a”, “i” e “u” (per esempio in parole come verità, così, virtù) e sulla “o”, che come vocale finale di parola tronca è sempre aperta (può, andò, però). La “e”, invece, può essere aperta o chiusa anche in fine di parola tronca: si hanno, quindi, a seconda delle parole, l’accento acuto di perché e finché o l’accento grave, come nel caso di caffè e tè.