Perché si dice “vittoria di Pirro”? L’espressione “vittoria di Pirro” ha un significato negativo: vuol dire che uno scopo è stato raggiunto, pagando però un prezzo troppo alto, e alle volte talmente eccessivo da aver reso quasi dannosa la vittoria stessa. Ma perché si dice così? Tutto nasce da un fatto storico. Pirro era il re dell’Epiro, l’attuale Albania. Il sovrano, soprannominato “aquila”, era ambizioso e megalomane, al punto da dire di discendere dall’eroe greco Achille. Nel 280 a.C. la città di Taranto gli offrì di guidare la guerra contro Roma, cominciata due anni prima, e il sovrano allora trentottenne accettò. Sbarcò così in Italia con 30.000 mercenari e 30 elefanti, stabilendosi col suo esercito presso Eraclea, in Lucania. Qui si svolse il primo scontro tra le legioni romane e le truppe epirote, una battaglia violenta e sanguinosa conclusasi in favore di Pirro anche grazie all’uso della sua arma segreta, ovvero i pachidermi, che i romani non avevano mai visto prima e avevano inizialmente scambiati per grossi buoi lucani. Gli elefanti avevano in groppa una torretta che permetteva ai soldati di colpire dall’alto gli avversari, avendo quindi la meglio; inoltre, data la grande mole, creavano notevole scompiglio in battaglia. I romani vennero quindi sconfitti, perdendo circa 15.000 uomini. Un elefante, però, ferito dal legionario Caio Minucio, cominciò a scorazzare impazzito tra le truppe epirote, coinvolgendo anche gli altri pachidermi e causando morte e distruzione tra l’esercito vincitore. Si dice che Pirro, invece di festeggiare, venne assalito dallo sconforto, al punto da ritornare in patria, dove morì in un modo alquanto banale: colpito da una tegola lanciatagli in testa da una vecchia di Argo.