Solo chi ha dovuto affrontare la morte del proprio cane può capire che questa perdita getta nello sconforto proprio come la scomparsa di un essere umano a cui si vuole bene. A volte, in realtà, il dolore è ancora più straziante, perché i nostri quattro zampe non ci giudicano e ci amano senza riserve, cosa che non sempre possiamo dire di amici e familiari: nei loro occhioni limpidi ci possiamo specchiare per sentirci davvero amati, per essere persone migliori e più felici. Sono passati 10.000 anni da quando i lupi grigi, alteri e selvaggi, si sono avvicinati all’uomo e si sono lasciati addomesticare, arrivando a capire profondamente i loro proprietari: l’evoluzione ha portato il cervello dei cani ad interpretare correttamente la mimica facciale umana e a farli sentire gratificati dai complimenti e dall’affetto, come dal cibo. Se nella vostra famiglia avete accolto un cane, vi sarete accorti che non è inconsueto chiamarlo per errore come uno dei vostri figli, ad esempio: il “misnaming” avviene perché Fido è inconsciamente considerato come un membro effettivo della più ristretta cerchia familiare. Per chi lo ama, un cane non è mai “solo un cane”, bensì una fonte di affetto, compagnia, sicurezza e conforto e la sua mancanza stravolge completamente le abitudini quotidiane, causando stress e stati depressivi: alcuni proprietari arrivano anche ad avere “visioni” o sentire suoni che credono causati dal loro cagnolino defunto. L’unica “cura” possibile è adottare un altro pelosetto, senza mai dimenticare quello che è salito sul ponte troppo presto.