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CURIOSITÀ 15 GIUGNO 2022

Smartworking: perché il ritorno in ufficio non sta funzionando

Lo smartworking ha creato un nuovo scenario professionale, dal quale a quanto pare non si può prescindere. Ecco perché il ritorno in ufficio non sta funzionando.

Non solo uno stipendio all’altezza delle aspettative: a quanto pare, ciò che si cerca da un contratto di lavoro è soprattutto la flessibilità. Una realtà significativa, che ha spinto le aziende a concepire in modo diverso la propria organizzazione.

Di fronte all’opportunità di tornare in ufficio o di restare a casa molti professionisti hanno scelto di continuare da remoto, non rinunciando in questo modo alla gestione autonoma del tempo. Nei casi in cui questa possibilità non è stata concessa non sono mancate le “grandi dimissioni”, al fine di darsi l’occasione di trovare un lavoro da svolgere dal proprio luogo preferito.

Il sondaggio “People at Work 2022: A Global Workforce View“, condotto dall’ADP Research Institute, ha posto l’accento su come il modo di pensare dei dipendenti si sia evoluto negli ultimi anni: ben 2 dipendenti su 3 sarebbero disposti a cambiare lavoro, se costretti al rientro in ufficio; e non è tutto: sarebbero anche disposti ad una riduzione dello stipendio, pur di mantenere la flessibilità dello smartworking.

Ovviamente, lo sanno bene le aziende, il lavoro ibrido – ovvero quello che concilia giornate da remoto ad altre in ufficio – necessità di ponderazione e organizzazione, indispensabili per ottimizzare le risorse, specialmente a distanza. Di certo, accogliere le esigenze dei lavoratori – non in ultimo quella di lavorare da “casa” – è la strategia migliore per una maggiore produttività.

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