VIDEO
Cerca video
CURIOSITÀ 10 LUGLIO 2022

Un enorme buco si è aperto nel cielo: ma cos'è?

Un recente studio canadese, condotto dal professor Qing-Bin Lu dell’Università di Waterloo in Ontario, sta causando accese discussioni nella comunità scientifica. Secondo il professore e il suo team di ricercatori esisterebbe un secondo buco dell’ozono nell’atmosfera terrestre.

Buco dell’ozono, da quando esiste e perché è pericoloso

L’esistenza del buco dell’ozono situato in corrispondenza dell’Antartico è nota e universalmente accettata dalla comunità scientifica da circa 40 anni.

Lo strato di ozono che ricopre la Terra ha un ruolo fondamentale per la continuità della vita, dato che protegge qualsiasi essere vivente – umani ovviamente inclusi – dalle radiazioni ultraviolette del sole. Si tratta quindi un pericolo concreto.

Per questo motivo, a partire dal 1987, i governi di tutto il mondo hanno scelto di adottare misure comuni per eliminare gradualmente dal pianeta le sostanze tossiche responsabili di questo squilibrio dell’atmosfera. La situazione negli ultimi decenni sembra essere nettamente migliorata, secondo diversi esperti il buco dell’ozono potrebbe infatti chiudersi entro il 2060.

Esiste un secondo buco dell’ozono? Cosa sappiamo

In un contesto del genere è facile capire come l’ipotesi dell’esistenza di un secondo buco dell’ozono possa risultare destabilizzante e inquietante, se non addirittura apocalittica. Secondo Qing-Bin Lu, il secondo buco sarebbe situato in corrispondenza dei tropici e, analogamente al suo gemello antartico, esisterebbe dagli anni ’80.

“L’area tropicale costituisce circa metà della superficie della Terra – ha spiegato il professore – e ospita metà della popolazione mondiale. La scoperta richiede ulteriori studi sull’esaurimento dell’ozono, sul cambiamento delle radiazioni UV, sull’aumento dei rischi di tumore e altri effetti”.

La teoria di Qing-Bin Lu è tuttavia ritenuta incompleta e “altamente improbabile” da buona parte della comunità scientifica internazionale. Quasi tutti i più noti e rispettati luminari del settore concordano nel valutare le conclusioni del professore come approssimative.

Le variazioni dei livelli di ozono tropicale su cui si basa la ricerca sarebbero infatti da considerare come valori prettamente nella norma. Ma c’è anche chi, come la professoressa Marta Abalos Alvarez, ricercatrice dell’Università Complutense di Madrid, sostiene che il team di Qing-Bin Lu abbia letteralmente “sbagliato i calcoli”.

L’équipe canadese, pur ammettendo la necessità di ulteriori approfondimenti, continua tuttavia a ribadire la validità della ricerca.

Chiudi
Caricamento contenuti...